Salvatore Quasimodo

(Modica, Ragusa, 1901 - Napoli, 1968)

Nasce a Modica, in provincia di Ragusa, nel 1901; studia e si diploma geometra a Palermo; qui, insieme con alcuni giovani amici (tra i quali Giorgio La Pira, il futuro sindaco di Firenze), si si interessa dei poeti simbolisti. Nel 1919 si trasferisce a Roma. Per lavoro soggiorna a Reggio Calabria, a Imperia, in Sardegna e infine a Milano. Intanto, il cognato Elio Vittorini lo introduce nel gruppo degli scrittori fiorentini, e nel 1930 Quasimodo pubblica il suo primo libro di versi, "Acque e terre". Nel 1938, entra come giornalista nella redazione milanese del settimanale "Tempo"; tre anni dopo gli viene conferita "per chiara fama" la cattedra di italiano presso il Conservatorio di musica di Milano, dove si stabilisce definitivamente. Nel 1942 pubblica la raccolta "Ed è subito sera", nel 1947 "Giorno dopo giorno", e nel 1958 "La terra impareggiabile". Oltre a vari riconoscimenti, nel 1959 riceve il Premio Nobel per la letteratura. Muore a Napoli nel 1968.

Uomo del mio tempo

Sei ancora quello della pietra e della fionda,

uomo del mio tempo. Eri nella carlinga,

con le ali maligne, le meridiane di morte,

– t’ho visto – dentro il carro di fuoco, alle forche,

alle ruote di tortura. T’ho visto: eri tu,

con la tua scienza esatta persuasa allo sterminio,

senza amore, senza Cristo. Hai ucciso ancora,

come sempre, come uccisero i padri, come uccisero

gli animali che ti videro per la prima volta.

E questo sangue odora come nel giorno

quando il fratello disse all’altro fratello:

"Andiamo ai campi". E quell’eco fredda, tenace,

è giunta fino a te, dentro la tua giornata.

Dimenticate, o figli, le nuvole di sangue

salite dalla terra, dimenticate i padri:

le loro tombe affondano nella cenere,

gli uccelli neri, il vento, coprono il loro cuore.

Da:Salvatore Quasimodo, Giorno dopo giorno,

in Tutte le poesie, Milano, Mondadori,

1965

 

Alle fronde dei salici

 

E come potevamo noi cantare

con il piede straniero sopra il cuore,

fra i morti abbandonati nelle piazze

sull’erba dura di ghiaccio, al lamento

d’agnello dei fanciulli, all’urlo nero

della madre che andava incontro al figlio

crocifisso sul palo del telegrafo?

Alle fronde dei salici, per voto,

anche le nostre cetre erano appese,

oscillavano lievi al triste vento.

Da:Salvatore Quasimodo, Giorno dopo giorno,

in Tutte le poesie, Mondadori, Milano,

1965

Quasimodo è tra i maggiori interpreti della condizione dell'uomo moderno. Nelle prime raccolte Acque e terre (1930) e Ed è subito sera (1942) Quasimodo sviluppò i temi legati alla solitudine , che egli individuava anche nella sua personale condizione di esule profondamente legato al mondo della sua infanzia e alla sua terra, ossia ad una dimensione non più raggiungibile.Egli aderì all'Ermetismo , per la sua esigenza di concretezza e perchè vide nella nuova poesia qualcosa di utile per il raggiungimento di una più concreta visione delle cose; il suo ermetismo risultò originale, poiché egli aderì ad un linguaggio essenziale ma non privo di musicalità .Il paesaggio della Sicilia è al centro della sua ispirazione della sua prima produzione ma non viene mai meno. Grazie alle traduzioni degli antichi poeti greci ci fu un arricchimento del linguaggio poetico ed un approfondimento dell’ispirazione. Le tragiche esperienze del 2° conflitto mondiale spinsero il poeta ad allontanarsi dagli aspetti più rigidi dell'Ermetismo, ad abbandonare le meditazioni solitarie e ad avvicinarsi a tutti gli uomini, nel tentativo di aiutarli nella ricostruzione e nel recupero degli antichi valori. Ciò si coglie soprattutto in "Giorno dopo giorno" (1949) e nella raccolta successiva "La vita non è un sogno" (1949) . Tra gli elementi più importanti di questo periodo appaiono il rinnovamento del linguaggio, un arricchimento dei temi,con importanti istanze sociali. È significativa inoltre la volontà di agire per la trasformazione della realtà , insieme all’impegno concreto per la realizzazione di un mondo migliore, che caratterizza le opere di altri autori negli anni del secondo dopoguerra.

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