Dolce stil novo

Il "dolce stil novo" è una scuola poetica del Duecento e l’iniziatore fu Guido Guinizzelli, seguito da Guido Cavalcanti, Dante Alighieri, Lapo Gianni, Cino da Pistoia; il rappresentante più insigne fu Dante Alighieri.

Il nome della "scuola" deriva dal XXIV canto del Purgatorio, dove Dante incontra Bonagiunta Orbicciani, il quale gli chiede la differenza fra le altre scuole poetiche e gli stilnovisti.. Dante risponde che scrivono seguendo la diretta ispirazione d’Amore, e Bonagiunta afferma di aver capito la differenza di "questo vostro dolce stil novo": di qui il nome alla "scuola".

Dante, dunque, riteneva che gli stilnovisti fossero in grado di descrivere, in forma dolce come il sentimento d’amore, gli stati d’animo, i cambiamenti psicologici e interiori che l’Amore produce nella persona che ama.

Le tematiche della scuola stilnovista sono:

1) l’ Amore come massima forma di nobiltà spirituale;

2) la vera nobiltà non deriva dal diritto di nascita, ma risiede nell’animo;

3) la donna è immagine angelica ed è di guida alla virtù e alla perfezione.

4) gli stilnovisti fondano la loro superiorità sulla cultura, che è una conquista individuale

La bellezza della donna è il simbolo della bellezza di Dio, verso il quale l’anima aspira; ma la donna è anche fonte di passioni terrene, per cui la gioia della contemplazione è sempre insidiata dalla resistenza della passione.

I poeti stilnovisti seguono una propria strada per arrivare a Dio tramite la contemplazione della bellezza della donna e ognuno rivela una propria identità, mentre ciò che condividono è lo stile, che si manifesta nel rappresentare la donna come un balenare di luce e nell’ascoltare la propria coscienza.

Tra le donne amate dei testi stilnovisti, che confermano l’impegno autobiografico, abbiamo la Beatrice di Dante, la Laura di Petrarca, la Giovanna di Cavalcanti e ognuno dei poeti cerca di rappresentare la propria vicenda amorosa come un qualcosa di esemplare, ma le donne e le vicende non sono che metafore ( 1 ) della scoperta della propria anima.

( 1 )

La metafora consiste nell'andare oltre il significato proprio di un termine ( deriva dal greco metà, "oltre", e phéro, "porto") e può essere considerata, priva del " come",  una similitudine abbreviata : nell'esempio "Giovanni è un fulmine" è sottintesa l'equivalenza "Giovanni è come un fulmine", e il concetto di "fulmine" passa dall'ambito proprio, quello atmosferico, a quello non proprio della velocità di Giovanni nella corsa (o nel capire ecc.).  Quanto più i due termini sono distanti come significato, tanto più la metafora acquista peso o si evidenzia  per la singolarità della connessione. Il linguaggio quotidiano è "pieno" di metafore ( anche questa è una metafora), ma una gran parte si sono smarrite con l'uso a tal punto che non si notano più.

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