Il commercio in età imperiale

di Umberto V.

Nel primo secolo dopo Cristo, l’Impero Romano si estendeva dalla Britannia all’Africa e dalla Mesopotamia alla Spagna. Il traffico commerciale tra le sue province era favorito dall’assenza di frontiere, dalla presenza di un unico sistema monetario e da una vasta rete di porti e strade.

In Italia scarseggiava il grano e Roma doveva importarne migliaia di tonnellate ogni anno dal nord-Africa e dall’Egitto. Lo stesso accadeva per le materie prime che venivano importate dalla Spagna, ricca di miniere e di risorse naturali. Anche gli articoli di lusso erano oggetto di traffico commerciale. Un mercante, disposto a navigare con un mare ostile e un carico di merci preziose, poteva arricchirsi con un solo viaggio. All’inizio del primo secolo l’Italia forniva alle province molti prodotti che rispecchiavano le abitudini romane, come le ceramiche o il vino e l’olio e gli oggetti di metallo della Campania. La Germania e la Gallia esportavano vetri e ceramiche, la Spagna esportava vino, olio e garum (colatura di alici), l’Africa olio e ceramiche. Roma era al centro di tutti questi commerci, che si svolgevano soprattutto per mare. Le navi romane battevano le rotte del Mediterraneo, ma a nord frequentavano i porti della Manica, a sud quelli del mar Nero, del golfo Persico, fino a quelli del golfo del Bengala.

Da Ostia il trasporto avveniva risalendo il Tevere con barche, pontoni trainati da buoi e le cosiddette navi onerarie, chiamate così perché potevano trasportare grandi carichi, fino a raggiungere il cuore della città. La moneta corrente era quella romana , cioè il sesterzio.

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