Gli usi funebri

Durante il periodo romano,il corredo funebre, in genere, per le donne era formato da utensili da cucina, attrezzi per la filatura e vasi contenenti creme e oli profumati e per i guerrieri da armi. I bambini ed i poveri venivano portati in un cimitero comune e sepolti senza nessuna cerimonia .Le salme dei ricchi patrizi venivano unte con oli balsamici e vestite riccamente, poi esposte in una camera ardente, poi seguiva un funerale in pompa magna, con mimi, danzatori e un carro su cui stavano le "imagines" degli antenati: erano schiavi con delle maschere. Del lamento funebre si occupavano le prèfiche, donne incaricate di cantare nenie funebri durante la veglia al defunto con una particolare mimica (muovevano il capo, si spettinavano, agitavano un fazzoletto).

Questi antichi usi funebri , anche se ormai in minima parte, si conservano in alcuni centri dell’Italia centro-meridionale, come l'intervento, per chiamata o per spontanea iniziativa, di donne specializzate nel piangere il defunto, strappandosi i capelli ed esaltandone con cupe cantilene i meriti. Durante la veglia le donne della famiglia si dispongono a cerchio attorno al defunto e con i capelli sciolti iniziano il lamento, le donne piangono mischiando alle lacrime e alle grida le lodi del defunto. Le donne, in una camera, e gli uomini, in un'altra, fanno la nottata. Le donne iniziano la nenia e, mentre la cantano, si tirano i capelli e si graffiano il viso; a volte si battono la testa con pugni .

E’ presente ed ancora viva nella convinzione popolare che i fatti tragici avvenuti in un determinato luogo costringano gli spiriti a presidiare il luogo del misfatto, e l’anima che rimane sulla terra minaccia l’incolumità fisica dei viventi : questa credenza è ben radicata in molti comuni della fascia jonica calabrese .

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