La malaria nell'antica Roma
Anche nella Roma dell'imperatore Augusto c’era la malaria e i romani, per tenerla lontana, si mostravano devoti alla dea Febris, alla quale avevano consacrato almeno due santuari : uno nelle pendici del Palatino, verso il Velabro , l’altro sul “vicus Longus” , tra il Viminale e il Quirinale.
C’è poi da aggiungere che le febbri malariche non colpivano solo i quartieri più bassi, ma anche il Palatino, tanto che ne fu colpito lo stesso Augusto; Orazio scrive nelle sue lettere che tutti, quando potevano, abbandonavano la città nei periodi più caldi per fuggire in campagna.I romani più ricchi possedevano una o più ville in campagna che coltivavano e curavano più della stessa abitazione cittadina; Orazio, ad esempio, a Roma aveva una domus modesta, mentre in campagna, a Licenza, aveva una bella villa e non capiva quelli che rimpiangevano la vita di città, caotica e stressante .
I Romani, comunque, non concepivano l'Agro intorno a Roma come un luogo di villeggiatura, bensì come un luogo normale di residenza, anche perché il territorio suburbano non era una cosa separata dalla città, era anzi la sua parte vitale e si può dire che fra Roma e i colli non vi era discontinuità di costruzioni, la vita si svolgeva febbrile lungo tutta l'area di Roma.
Tra “urbs” e “suburbium” c’era un’effettiva e salda unione,si completavano a vicenda: a Roma si trovavano i grandi edifici pubblici, le aziende di stato, i luoghi di ritrovo, i palazzi imperiali; in campagna venivano costruiti gli acquedotti, i sepolcri, i ninfei, le conserve d’acqua, le ville e le aziende agricole. Inoltre, un sistema perfetto di viabilità,con l’allacciamento delle arterie principali e di una fittissima rete di diverticoli ( strade secondarie ), in parte pavimentati e in parte di terrabattuta, consolidava la singolare “conurbazione” tra l’Agro e la città.
La campagna suburbana era un susseguirsi di abitati, dall’Urbe sino ai colli circostanti, rinomati per la loro salubrità; la coltivazione era intensiva e in gran parte con alberi di alto fusto.Inoltre si procedeva con grande scrupolo alla regolarizzazione delle acque con fossi e canali, anche con gallerie sotterranee di centinaia di metri, per evitare soprattutto ristagni pericolosi. Molto importante per i piani di bonifica era il sistema di escavazione del sottosuolo impermeabile, mediante una fitta rete di cunicoli di drenaggio , in modo da raccogliere tutte le acque stagnanti in superficie, e aprendo dei pozzi nei punti più bassi; spesso, sotto gruppi di ruderi o tra terreni franati, si notano tuttora cunicoli scavati senza intonacatura, con volta grossolana, larghi 50-60 cm. e alti circa 170 cm. , da non confondere con acquedotti o cisterne. Per facilitare la coltivazione e favorire lo sviluppo di abitati si facevano terrazzamenti, lunghi tra i 500-1200 m. e larghi 50-60 m., sorretti da poderosi muri in opera poligonale.Dove era necessario , soprattutto in pianura, i terreni più poveri venivano rivestiti con strati di terra, che era tolta dai punti più elevati per renderli pianeggianti.