LA RIVOLUZIONE INDUSTRIALE

Parole chiave: FABBRICA e MACCHINA

Il rapporto tra l'essere umano, la macchina e l'oggetto prodotto cambia gradualmente, ma in maniera sempre più radicale: l'uomo non lavora più nella bottega o nell'industria famigliare, diviso dagli altri; non esegue più il lavoro nella sua completezza; non produce più separato dalla macchina. L'uomo va a lavorare in fabbrica. La. fabbrica è lo stabilimento in cui si svolge l'attività industriale, cioè la produzione basata sull'uso della macchina, sulla divisione del lavoro, sulla concentrazione di manodopera e sulla retribuzione salariale. La prima metà del Settecento europeo fu dominata da tre guerre di Successione scoppiate per la successione al trono, erano guerre in cui ciascuno Stato intendeva affermare la propria superiorità. La guerra di Successione spagnola fu originata dalla pretesa di Luigi XIV di ottenere la corona spagnola per il proprio nipote Filippo di Borbone: morto il re di Spagna Carlo II, il Re Sole, che ne aveva sposato la figlia, sosteneva il proprio diritto al trono. Ma le altre potenze europee (prima Inghilterra, Olanda e Austria, poi anche Portogallo e Savoia) videro una grave minaccia per la propria indipendenza e scatenarono una guerra (1701) che si concluse con la sconfitta della Francia.

La pace (Trattato di Utrecht, 1713) stabilì che Filippo di Borbone sarebbe divenuto re di Spagna, ma gli impose di cedere all'Austria i Paesi Bassi del Sud e i possedimenti italiani (la Lombardia, il Regno di Napoli e la Sardegna). La Sicilia fu assegnata al duca di Savoia Vittorio Amedeo II (nel 1713 ottenne il titolo di re di Sicilia). Nel 1718 Amedo II scambiò la Sicilia con la Sardegna, divenendo re di Sardegna.

Le guerre di Successione polacca (1733-1738) e di Successione austriaca (1740-1748) rimisero in discussione tutto. La pace di Aquisgrana (1748).

L'Italia ne uscì così suddivisa:

Regno di Sardegna (che comprendeva il Piemonte con la capitale Torino, la Valle d'Aosta, la Savoia, Nizza) a Carlo Emanuele III di Savoia;

Ducato di Milano all'Austria;

Venezia repubblica indipendente;

Genova repubblica indi pendente;

Toscana ai granduchi di Lorena (parenti degli Asburgo d'Austria);

Ducato di Parma e Piacenza ai Borbone (parenti del re di Spagna);

Stato pontificio al papa;

Regno delle Due Sicilie (Napoli e la Sicilia) ai Borbone.

2. Le nuove potenze europee

La Prussia, una regione baltica incuneata nel regno di Polonia, durante la Riforma luterana era stata riconosciuta come ducato protestante e assegnata ai duchi di Hohenzollern (1515). Nel 1701 l'imperatore d'Austria, in cambio della neutralità della Prussia nella guerra di Successione spagnola, concesse a Federico I Hohenzollern il titolo di re. Da allora la Prussia praticò una politica di potenza che aveva come obiettivo un sempre maggiore allargamento del territorio, e come strumento un esercito numeroso, disciplinato e forte. La Russia era dei principi di Mosca, che lo mantennero in condizioni di grave arretratezza sociale ed economica sino a quando prese il potere Pietro il Grande (1689): attraverso una serie di riforme che si ispiravano al modello occidentale, imposte con inesorabile fermezza, egli impresse alla Russia un volto più moderno. Particolarmente efficaci furono la semplificazione dell'apparato amministrativo e di quello fiscale, il finanziamento di manifatture, la fondazione di Società di navigazione.

La campagna inglese nel 700

AIla fine del XVIII secolo in Inghilterra si verificò un notevole incremento demografico (circa del 40%), dovuto a diversi elementi: l'opera di bonifica e prosciugamento delle paludi; i progressi della scienza medica; una più consapevole attenzione all'igiene domestica e urbana. Ma determinante fu la trasformazione del settore agricolo, che permise un'alimentazione migliore e a minor costo. Nei secoli precedenti la legge obbligava i proprietari inglesi a lasciare una parte delle loro terre «aperte» ai contadini, ì quali avevano il diritto di farvi pascolare gli animali e raccogliere la legna e la vegetazione spontanea. Quando questo vincolo cadde (all'inizio del Settecento), la superficie delle terre coltivate crebbe notevolmente, in quanto i «campi aperti» vennero in gran parte bonificati e dissodati. Forti del loro aumentato potere, i proprietari terrieri finirono con l'impadronirsi anche delle terre comunali e le recintarono (si chiamarono enclosures). Con l'ampliamento delle aree utilizzate per l'agricoltura, furono sperimentate nuove tecniche: venne abbandonata la rotazione triennale a favore della quadruplice rotazione (foraggio-orzo-trifoglio-grano), fu intensificata la coltivazione dei cereali, venne selezionato l'allevamento del bestiame (in particolare dei cavalli). Le zone destinate a pascolo vennero ridotte, ma la quantità di animali allevati non diminuì: tutto ciò naturalmente accrebbe la quantità di cibo disponibile e migliorò la qualità e la durata della vita. I piccoli proprietari terrieri, già in difficoltà per la pesante tassazione, spesso non riuscivanco ad adeguarsi ai cambiamenti in atto: perciò furono costretti ad abbandonare le loro terre e a trasferirsi in città, così come molti contadini e braccianti, che le enclosures avevano privato delle possibilità di lavoro e di sostentamento. Inoltre chi investiva il denaro nelle manifatture guadagnava di più e di conseguenza le imprese agricole che rendevano poco furono abbandonate: solo le più redditizie continuarono a sussistere e, grazie alle novità introdotte, a produrre una quantità maggiore di alimenti utilizzando una manodopera ridotta. Nella seconda metà del Settecento ebbe inizio in Inghilterra (e si diffuse gradualmente in Europa e nell'America settentrionale) un processo di industrializzazione che provocò cambiamenti tanto profondi in tutti gli aspetti della vita umana da essere definito «rivoluzione industriale». Si trattò di una rivoluzione tecnologica che comportò trasformazioni sociali ed economiche sempre più rapide. Da quel momento la vita dell'uomo non fu più la stessa: vennero gradatamente modificati o cancellati usi e costumi radicati nel tempo; si aprirono tra i ceti sociali nuove tensioni che avrebbero condizionato il successivo sviluppo della Storia.Le conoscenze tecniche erano cresciute, ma non basterebbero a giustificare una rivoluzione sociale ed economica di tale portata se non vi avessero concorso in uguale misura una serie di fattori:

1. la grande disponibilità di materie prime (in particolare ferro e carbone);

2. l'aumento del capitale ;

3. la trasformazione dell'agricoltura;

4. 1'intraprendenza della borghesia agricola e commerciale;

5. l'aumento della popolazione e quindi la maggior disponibilità di manodopera.

A quell'epoca la Gran Bretagna era una grande potenza marittima, mercantile e coloniale: ciò le aveva permesso di procurarsi fonti di materie prime sempre più ampie e di aumentare le occasioni di guadagno sia con il commercio di materiali preziosi, sia con la tratta dei Neri. Molto sviluppato era anche il commercio interno, soprattutto per opera di una borghesia operosa e risparmiatrice.Tutto il Paese traeva vantaggio anche dal fatto che, isolato geograficamente dal resto dell'Europa, non era mai stato percorso da eserciti invasori e non aveva subito sul suo territorio i danni di una guerra. Fu merito dell'Inghilterra l'aver saputo sommare le ricchezze con l'intraprendenza per trasformare in modo radicale i sistemi produttivi. In Inghilterra il settore industriale che per primo ebbe grande sviluppo fu quello tessile, in particolare la produzione di cotone. Tra i materiali che i vascelli inglesi trasportavano attraverso l'Atlantico primeggiava sicuramente il cotone, che veniva comprato grezzo nelle colonie americane: le cotonine (tessuti) che uscivano poi dai numerosi opifici, soprattutto quelli del Lancashire, riprendevano il largo verso il Nordamerica e le Indie . L'industria cotoniera tra il 1783 e il 1798 incrementò_ la produzione del 6oo% e la raddoppiò poi ogni 10 anni.

Le innovazioni tecnologiche

Nel passato l'uomo aveva sempre costruito strumenti e macchine in grado di aiutarlo nel suo lavoro, ma incapaci di sostituirlo. Le varietà di energia in uso erano quelle prodotte dall'uomo, dagli animali o dalla natura, quindi forze incostanti e disponibili solo in determinate circostanze e in determinati luoghi (per esempio i mulini a forza eolica possono funzionare solo se c'è il vento, quelli ad acqua solo in prossimità dei fiumi). Invece nel XVIII secolo gli uomini furono in grado di costruire macchine più complesse e di produrre energia costante. Esemplare è il caso della «spoletta volante», che permetteva a un solo operaio di fabbricare più rapidamente pezze di stoffa di notevoli dimensioni.Nel 1746 si inventò la «jenny», un filatoio meccanico azionato dall'uomo, in grado di far agire contemporaneamente molti fusi: la sua diffusione fu più ampia e più rapida di quella della «spoletta volante». Successivamente si costruì una macchina filatrice con motore idraulico: la forza dell'uomo era sostituita da quella dell'acqua. Pertanto l'invenzione più importante, quella che rivoluzionò a fondo la vita economica e sociale dell'Inghilterra prima, dell'Europa e del resto del mondo poi, fu quella della macchina a vapore, in quanto produceva energia costante in ogni luogo, indipendentemente dalla presenza di forze naturali.

Prima dell'invenzione della macchina a vapore, numerosi scienziati avevano cercato di sfruttare l'energia derivata dall'ebollizione dell'acqua. Nel 1681 si inventò la pentola a pressione, che sfruttava la forza generata dal vapore per ottenere un movimento. Trent'anni dopo ci fu una pompa idraulica in grado di eliminare l'acqua dalle miniere. Fu l'ingegnere scozzese lames Watt a costruire la prima vera macchina a vapore (1775). Costruita interamente in ferro, la macchina a vapore utilizzava come combustibile il carbone: perciò rese possibile la sostituzione dei materiali di base che da sempre venivano usati (il legno e l'acqua) e diede un forte impulso all'estrazione dei minerali necessari alla sua fabbricazione e al suo funzionamento. La macchina a vapore venne utilizzata soprattutto nell'industria tessile, ma anche in quella mineraria: applicata agli impianti per il pompaggio dell'acqua e per il sollevamento dei minerali, rese più economica l'estrazione del carbone da giacimenti sempre più profondi e venne poi utilizzata per l'attivazione degli altiforni. La produzione aumentò in maniera rilevante e ciò comportò necessariamente un ampliamento della rete di distribuzione e di trasporto: i carri trainati da animali non erano più sufficienti, come non lo era più il trasporto fluviale. L'uso delle macchine, sempre più perfezionate e quindi costose, richiedeva la concentrazione di manodopera nelle fabbriche, dove gli operai dovevano effettuare parti diverse ma complementari del lavoro. La meccanizzazione ebbe per conseguenza la divisione del lavoro: nella fabbrica l'operaio non realizzava l'oggetto in ogni sua parte sino a concluderlo, ma era addetto a una mansione sola e ripetitiva. Così anche gli operai diventavano uno strumento di lavoro e dovevano accontentarsi del salario che veniva loro imposto. Il vecchio laboratorio artigiano e il lavoro realizzato all'interno delle mura domestiche a poco a poco vennero sostituiti dalle grandi fabbriche. II filatore isolato, non più in grado di sostenere la concorrenza delle macchine, non possedeva il capitale necessario per adeguarsi al progresso tecnologico: solo chi disponeva di ingenti capitali poteva permettersi di aprire uno stabilimento e di acquistare nuovi macchinari. Altra conseguenza della rivoluzione industriale fu la nascita di nuove città in vicinanza delle miniere di carbone. Sia nei vecchi centri urbani sia in quelli di recente fondazione, una nuvola di fumo aleggiava senza sosta sulle fabbriche e sulle abitazioni.Il carbone assumeva un'importanza sempre maggiore in quanto già da tempo si stava verificando una grave crisi del legno, molto richiesto per le costruzioni di navi e di case, ma anche per fondere il ferro. Ora che le nuove tecnologie esigevano enormi quantità di ferro fuso, il legno si rivelava un combustibile insufficiente, e veniva gradualmente sostituito con il carbon "coke", prodotto dalla distillazione del carbon fossile (materia prima molto abbondante nel sottosuolo inglese).Considerato il fondatore dell'economia classica, l'inglese Adam Smith sviluppò i concetti di divisione del lavoro. «Prendiamo dunque come esempio della divisione dei lavoro una fabbrica di spilli. Un operaio non addestrato a questa attività, non abituato all'uso delle macchine che vi si impiegano e all'invenzione delle quali la stessa suddivisione del lavoro ha probabilmente dato occasione, con tutta la sua fatica e attività potrà appena produrre uno spillo al giorno, e certo non ne farà venti. Ma come oggi si esegue tale manifattura, non solo essa è un mestiere speciale, ma si divide in molti rami, dei quali i più sono altrettanti mestieri particolari. Un uomo tira il filo di metallo, un altro lo raddrizza, un terzo lo taglia, un quarto lo appunta, un quinto lo arrotola all'estremità dove deve farsi la testa. Farne la testa richiede due o tre distinte operazioni: collocarla è una speciale occupazione, pulire gli spilli è un'altra, e un'altra ancora è il disporli entro la carta; e così l'importante mestiere di fare uno spillo si divide in circa diciotto distinte operazioni. Ho veduto una piccola fabbrica di questa manifattura ove dieci uomini soli erano impiegati e ciascuno eseguiva due o tre di queste operazioni. Benché fossero poveri e non avessero macchine moderne, pure riuscivano a fare 48.ooo spilli in un giorno. Se avessero lavorato separatamente e indipendentemente l' uno dall'altro, ciascuno di loro non avrebbe potuto compiere altro che 20 spilli».

Le fabbriche sorsero in tutta l'Inghilterra, in particolare nelle regioni settentrionali e occidentali, più ricche di carbone e di ferro. Intorno alla fabbrica prosperavano tutte le attività utili per il sostentamento e per le necessità quotidiane di un numero sempre crescente di operai, impiegati, addetti ai servizi (cioè persone che, si dedicano non alla produzione, ma all'organizzazione). Nei pressi si stabilì una folta schiera di artigiani (sarti, calzolai, panettieri), piccoli e grandi commercianti. Il settore impiegatizio, in forte espansione, richiedeva personale sempre più qualificato e preparato a rispondere alle esigenze di una città che si ingrandiva. Lo stile di vita cambiò completamente, ma le città non erano strutturate in modo da ricevere un numero sempre crescente di abitanti. All'incremento demografico urbano non corrispose un adeguato sviluppo urbanistico: vennero occupati tutti gli spazi liberi (piazze e giardini compresi) e costruiti nuovi quartieri formati da una massa disordinata di edifici con strade strette, contorte e sporche, quasi sempre prive dei più elementari servizi igienici. Le case erano abitate dalle cantine sino alle soffitte, e spesso in una sola stanza si affollavano tre generazioni. Tuttavia, nonostante le pessime condizioni degli alloggi, gli affitti erano altissimi a causa dell'enorme richiesta, conseguente al continuo afflusso di lavoratori che abbandonavano la campagna per la città.Nella relazione di un'inchiesta parlamentare sul lavoro degli operai in fabbrica si legge: «In certi casi il lavoro notturno è continuato con ricambi per tutta la settimana, dalla notte della domenica fino alla mezzanotte del sabato seguente. Il gruppo di operai della serie diurna lavora cinque giorni 12 ore e un giorno 18 ore; il gruppo della serie notturna lavora cinque notti 12 ore e una 6 ore ogni settimana. In altri casi ciascuna delle serie lavora 24 ore alternativamente. Una serie lavora 6 ore il lunedi e 18 il sabato per completare le 24 ore. In altri casi si usa un sistema intermedio, con il quale quelli che sono addetti alla macchina che fa la carta lavorano ogni giorno della settimana 15 o 16 ore. Questo sistema pare riunisca in sé tutti i mali che portan seco i ricambi di 12 e 24 ore: dei ragazzi minori di 13 anni, degli adolescenti minori di 18 e delle donne vengono impiegati in questo sistema al lavoro di notte. Spesso nel sistema delle 12 ore sono costretti a lavorare, a causa della mancanza di personale per il ricambio, a una serie doppia di 24 ore. Non mancarono i pensatori, i riformatori sociali e gli scrittori che presero posizione contro i mali e le miserie delle fabbriche, lo sfruttamento di adulti e bambini. Di fronte alle indagini parlamentari che accertavano lo sfruttamento, gli imprenditori si difendevano sostenendo che un miglioramento delle condizioni dei lavoratori avrebbe rappresentato un aumento dei costi tale che l'industria e l'intera economia del Paese ne avrebbero subito grave danno. Una delle conseguenze più disumane dell'industrializzazione fu il lavoro minorile :«I fanciulli entravano dai cancelli della filanda alle cinque o alle sei di mattina, e ne uscivano alle sette o alle otto di sera. (unica sosta durante questa reclusione di 14 0 15 ore era costituita dai pasti, al massimo mezz'ora per la colazione e un'ora per la cena. Ma questi intervalli significavano unicamente un mutamento di lavoro: anziché badare a una macchina in azione, pulivano una macchina ferma, sbocconcellando il loro pasto come meglio potevano in mezzo alla polvere e alla lanugine che soffocava i loro polmoni. Le 40 0 50 ore di reclusione per sei giomi la settimana erano ore regolari, ma nei momenti di gran lavoro l'orario diventava elastico e talvolta si allungava a un punto quasi incredibile. il lavoro dalle tre del mattino alle dieci di sera non era sconosciuto. Era materialmente impossibile mantenere intatto questo sistema se non con la forza del terrore. I sorveglianti non negavano che i loro metodi fossero brutali, ma dovevano o esigere la quantità completa di lavoro, o essere licenziati, e in queste condizioni la pietà era un lusso che padri di famiglia non potevano permettersi. Le punizioni per il ritardo la mattina dovevano essere così crudeli da vincere la tentazione, nei fanciulli stanchi, di restare a letto più di tre o quattro ore. In alcune filande a malapena un'ora in tutta la giornata passava senza rumore di battiture e grida di dolore. I padri picchiavano í figli per salvarli da battiture peggiori da parte dei sorveglianti. Nel pomeriggio lo sforzo diventava così pesante che il bastone di ferro usato dai sorveglianti per picchiare era continuamente in attività, e anche allora non era raro il caso che un fanciullo più piccolo, nell'addormentarsi, rotolasse dentro la macchina accanto alla quale lavorava, in modo da rimanere storpio tutta la vita o, se era più fortunato, da trovare la morte». Nel resto dell'Europa e nell'America settentrionale il processo di industrializzazione si avviò lentamente, in quanto mancavano alcuni dei fattori la cui presenza aveva determinato lo sviluppo tecnologico e industriale in Inghilterra. L'Italia era una delle nazioni più arretrate. Oltre alla mancanza di materie prime ne ostacolavano lo sviluppo economico la divisione politica e l'arretratezza economica.Quanto agli Stati Uniti, l'industria più sviluppata era quella del cotone, ma le macchine a vapore erano poco utilizzate, anche se non mancavano né il carbone né l'energia, offerta dai numerosi corsi d'acqua presenti sul territorio. Gli operai erano pochi e i salari elevati: perciò gli opifici ricorrevano al lavoro a buon mercato dei giovani che provenivano dalle campagne e che erano disposti ad accettare paghe più basse.

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