Alessandro Manzoni
( da www.corriere.it - gennaio 2005 ? )
nasce il 7 marzo del 1785
La madre, Giulia Beccaria, è una delle figlie di quel Cesare Beccaria, autore del famoso Dei delitti e delle pene, uno dei libri-manifesto dell'Illuminismo europeo.
Giulia è una bella donna, intelligente e dal carattere forte. Date le proprie precarie condizioni economiche, viene spinta dal padre e da Pietro Verri a sposare un vedovo quarantaseienne dal carattere ombroso e conservatore, don Pietro Manzoni. Il matrimonio durerà poco. Dopo tre anni nasce Alessandro, dopo sette lei abbandona il marito e va a Parigi, col ricco, bello e aristocratico Carlo Imbonati.
Alessandro, che nel frattempo è stato allevato dalla balia, in casa di contadini, viene affidato al padre, che lo lascia volentieri alle cure dei Padri Somaschi, nel collegio di Merate ("un sozzo ovile" lo definirà anni dopo l'autore de I Promessi Sposi).
Quando Giulia ha quarantatre anni e lui diciannove, muore Imbonati. Alessandro si ricongiunge a Parigi con la madre che decide di mutar vita, convertendosi al cattolicesimo. Artefici della svolta religiosa di Giulia Beccaria, che abbandona la vita mondana cui era abituata da tempo, sono l'abate Degola e l'abate Tosi.
I
rapporti fra madre e figlio, prima segnati dall'indifferenza di lei, si fanno
ora stretti e affettuosi e così continueranno per il resto dell'esistenza. È
la stessa madre che anni più tardi gli troverà moglie, quell'Enrichetta
Blondel , che abbandona per amore del marito la propria religione, calvinista
protestante, per abbracciare il cattolicesimo, in contrasto aperto, ma sofferto,
con la propria famiglia di origine.
Dal
matrimonio di Enrichetta e Alessandro nascono molti figli, alcuni dei quali
muoiono precocemente. Enrichetta ha un carattere dolce e remissivo e una salute
fragile. Il sodalizio fra Giulia, Alessandro e Enrichetta continuerà tenace e
sereno per molti anni fino alla morte della Blondel, poco più che quarantenne.
Manzoni si risposa, prendendo in moglie Teresa Borri, vedova del conte Decio Stampa, anch'essa indicatagli dalla mamma.
Tra suocera e nuora, però, i rapporti diventano presto burrascosi: Giulia, un tempo nume tutelare di casa Manzoni, è costretta a ritirarsi nelle proprie stanze. Teresa è tirannica, imperiosa e tiene tutti proni ai suoi voleri usando i propri disturbi e la malferma salute.
Manzoni,
tuttavia, le rimarrà sempre al fianco con affetto, forse un po' attenuato negli
ultimi anni della sua vita, quando manifesta soltanto un'indulgente
condiscendenza per le malattie della moglie.
I figli, specialmente i maschi, non sono di conforto per lo scrittore. Enrico si butta in affari azzardati e perde tutto, riducendosi a chiedere continuamente sostegno economico al padre, per lui e la sua numerosa famiglia. Filippo studia giurisprudenza di malavoglia, in compenso spende con larghezza, come il fratello, e finisce in prigione per debiti. La figlia Giulietta va in sposa a Massimo d'Azeglio, pittore, scrittore, uomo d'azione, che gode della stima di Manzoni per il suo carattere aperto e gioviale, e per la sua intraprendenza.
Manzoni ne ammira disinvoltura mondana, che a lui difetta: egli sonare, egli cantare, egli ballare, cavalcare, giocar di scherma, di bigliardo, di carte.
Aiuta il genero nella revisione del romanzo storico Ettore Fieramosca, che ebbe ai tempi grande successo.
Purtroppo il matrimonio non è felice. Giulietta, forse a ragione, è gelosa e, orgogliosa, si lamenta delle ristrettezze in cui la fa vivere il marito. Oramai insofferente, quasi per risarcirsi, spende molti denari nell'acquisto di mobili. Lui si rifugia nei suoi molteplici interessi, la pittura, le donne, gli amici.
Quando Giulietta muore di "tabe mesenterica" a ventisei anni, soltanto un mese dopo d'Azeglio si risposa. Ciò provoca dei dissapori con Alessandro che si appianeranno negli anni.
Tra
i figli dello scrittore, soltanto Pietro manifesta un'indole riflessiva, docile,
quasi sottomessa. Diventa la spalla su cui si appoggia Alessandro, cura le
edizioni dei suoi libri, amministra i possedimenti di famiglia.
Alessandro
Manzoni muore nel 1873, il 22 di maggio, alle sei di sera: uscito dalla messa,
batte la testa sui gradini della chiesa di San Fedele. Non si riprenderà più
Manzoni è un uomo sensibile, intelligente, profondo, animato dalla fede e dall'amore verso il prossimo. Una persona vulnerabile, che, soffrendo di vertigini e agorafobia, abbisogna sempre di qualcuno che lo accompagni in tutte le occasioni in cui esce di casa. Non conosce veramente mai il padre, troppo distante e all'antica, e la cosa lo condizionerà al punto che persino i personaggi del suo romanzo più famoso, I Promessi Sposi, sono praticamente orfani di padre. Figure paterne diverranno nel corso della sua vita Imbonati, Fauriel e Rosmini.
Schivo del clamore della folla e della facile fama, eletto deputato, rifiuta l'incarico perchè si considera un utopista e un irresoluto, oltre a vergognarsi un po' della propria balbuzie.
La propria straordinaria eloquenza, Manzoni la riversava nelle conversazioni in privato con gli amici: egli conversava con visibile piacere: era arguto; raccontava mille cose; aveva una portentosa memoria.